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frequenza

La metrica più sottovalutata nel Marketing

Se fai marketing lo sai: i numeri sono importanti. Nulla di nuovo, nulla di rivoluzionario.

Misurare i risultati nel nostro settore è essenziale. Se una cosa non la misuri non puoi nemmeno pretendere di migliorarla.

Ecco perché le metriche sono fondamentali.

Il punto però è: quali metriche?

Ce ne sono infinite, alcune base come LTV, CAC, MAU e CR mentre altre un po’ meno core e forse sottovalutate.

Oggi voglio parlarti proprio di loro. Delle metriche che in pochi guardano e non si sa bene perché. E in particolare ti voglio parlare di quella che secondo me è una delle poche metriche veramente core che dovrebbe far parte della cassetta degli attrezzi di ogni marketer.

Purtroppo invece è davvero poco compresa e fortemente sottostimata. La consoci sicuramente anche tu ma scommetto che l’hai sempre guardata con poca attenzione o in maniera passiva.

Parlo della frequenza, e nei prossimi paragrafi capirai perché.

Frequenza e advertising

Se fai advertising è una metrica che vedi tutti i giorni ma che probabilmente guardi poco. O meglio, la guardi dall’angolazione sbagliata.

La frequenza viene vista da molti advertiser come una sorta di spauracchio. Qualcosa da misurare ma solo per non farla alzare troppo (vai a poi a definire “troppo” e scopri che ognuno ha la sua idea ma dettagli) altrimenti incorriamo nella fantomatica “ad fatigue”.

Giusto. Giustissimo. Non ha assolutamente senso stalkerare il nostro target mostrandogli 30 annunci identici al giorno. Perfettamente d’accordo.

Ma tra stalking e semplice retargeting c’è tutto un mondo di mezzo che non solo va esplorato. Va pure padroneggiato.

Frequenza e Ad Fatigue

Se ancora non hai sentito parlare di ad fatigue, si tratta essenzialmente della progressiva riduzione della sensibilità dei prospect ai tuoi annunci pubblicitari.

Essenzialmente: se mostri troppo spesso inserzioni al tuo pubblico questo smetterà di interagire e di farci caso e andrai quindi a sprecare impression e budget.

O almeno, questo è quello che la teoria dell’ad fatigue afferma. E come detto se parliamo di frequenze davvero assurde probabilmente è vero.

Anzi, probabilmente genererai anche sentiment negativo nel target che sarà stufo di essere interrotto nel suo flusso da messaggi pubblicitari di poco interesse.

Se si arriva a questo livello i prospect potrebbero fornire segnali negativi come dislike, commenti negativi e blacklisting dell’inserzionista.

Tutti segnali chiaramente negativi che impattano le performance anche a livello di delivery.

Gli algoritmi percepiscono questi e molti altri come segnali negativi perché contribuiscono a un’esperienza dell’utente non ottimale.

Ecco quindi che penalizzeranno la delivery delle tue campagne.

Devi fare attenzione, chiaro. Ma prima di arrivare a questo punto ne passa e noterai dei segnali evidenti come CTR in calo e costi di acquisizione che aumentano avendo ridotto troppo la percentuale di nuove impression.

Insomma, non ci arrivi dal giorno alla notte e ti ci devi anche un po’ impegnare. La curva di efficacia dell’aumento di frequenza ha tendenzialmente vita più lunga.

Come calcolare la frequenza ottimale

Sul livello ottimale di frequenza ci sono mille teorie: da quelle che ipotizzano frequenze ottimali di 21 (Thomas Smith) a quelle che invece identificano la frequenza di 3 come soglia da non superare (Herbert Krugman).

A parer mio, nessuna di queste ha molto senso.

La verità è che non esiste una regola aurea, semplice e applicabile in tutti i casi. Devi necessariamente testare caso per caso e capire la frequenza ottimale per il business in questione.

Per calcolare qual è il livello migliore di frequenza da mantenere per massimizzare le prestazioni il processo in realtà è abbastanza semplice.

Diminishing returns

Devi mettere in relazione le due variabili dell’equazione:

  • Frequenza
  • ROAS

La curva che otterrai probabilmente assomiglia a questa.

Se mastichi un po’ di dati nel day by day probabilmente avrai già intuito che è una classica curva che descrive un comportamento chiamato “diminishing returns”.

In poche parole, l’efficienza dell’investimento aumenta in modo proporzionale all’aumento della frequenza fino a raggiungere il punto di diminishing return.

Da lì in avanti l’efficienza aumenta ma a un ritmo più lento di quanto non faccia la frequenza fino a raggiungere il punto di ritorni massimi.

Da qui in poi, l’aumento della frequenza porterà effetti controproducenti molto simili all’ad fatigue.

Devi imparare a cavalcare questa curva. E farlo sul singolo canale è abbastanza semplice.

Ipotizza di fare questo studio su Facebook Ads.

Ti basterà estrarre i dati giornalieri (o settimanali a seconda del tuo spending) di frequenza e ROAS in uno span temporale sufficientemente lungo da essere statisticamente significativo.

A questo punto non ti resta che mettere in relazione le due metriche su un grafico e provare a identificare i punti di massimo ritorno ottenuti fin’ora.

La frequenza corrispondente sarà la tua baseline da cui partire per testare e alzare in maniera controllata la frequenza tenendo monitorato il ROAS.

Questo ti darà una prima rozza idea di quale dovrebbe essere il livello di frequenza ottimale sul canale.

Chiaramente non stiamo tenendo conto di fattori esogeni come stagionalità e fluttuazioni di mercato o endogeni come l’utilizzo di promozioni e refresh creativi.

Il punto però non è conoscere la frequenza perfetta. Il punto è avere un range più o meno preciso, una bussola da seguire.

La relazione con la reach

L’analisi che abbiamo appena visto può essere raffinata se introduciamo una terza variabile: la reach a target.

E cioè la percentuale di target che andiamo a colpire con la frequenza X che hai trovato.

Questo è uno step importante soprattutto se vuoi iniziare a lavorare seriamente in ottica di brand awareness e quindi di calcolo di metriche di brand lift.

Se il tuo scopo è essere top of mind per un target specifico è chiaro che dovrai trovare un buon compromesso tra frequenza e numero di persone che riuscirai a colpire con quella stessa frequenza.

effective reach

Ragiona Multichannel

Tutto quello che hai imparato fin qui può essere fatto a livello di singolo canale, sicuramente utilissimo, ma anche a livello più alto.

Il vero salto in avanti lo si fa se si cominciano ad aggregare studi condotti su diversi canali che condividono parti sovrapposte del target.

Intendo dire che il tuo target non è presente solo su una singola piattaforma ma che al contrario ci sono diversi touch point in cui puoi raggiungerlo.

Riuscire a sovrapporre con buona approssimazione statistica le audience target su diversi mezzi ti consente di iniziare a lavorare sull’ottimizzazione della frequenza e della reach non solo a livello di canale singolo ma anche a livello di investimento marketing complessivo.

Per farlo ci si basa tendenzialmente prima su variabili demografiche e di località e successivamente su variabili legate a comportamenti e interessi che possono però essere poco precise.

Chiaramente qui i calcoli si complicano parecchio e anche avere una stima fatta un po’ col taglione non è semplice.

Ecco che ti vengono in soccorso i Marketing Mix Model, dei modelli econometrici che data una serie di variabili input misurano il peso delle stesse nel raggiungimento dell’output finale.

Ne ho parlato in dettaglio in un articolo dedicato.

In buona sostanza, sistemi di questo tipo ti danno una mano a capire con significatività statistica qual è il contributo di diverse variabili per il raggiungimento del risultato finale.

Dando in pasto al modello le frequenze sul target dei diversi canali non solo avrai un’indicazione di quale sia la frequenza corretta da mantenere, sarai anche in grado di capire su quali canali alzarla di più e su quali invece tenerla più bassa.

Interessante vero?

Conclusioni

La frequenza fa parte di quel gruppo di metriche che la maggior parte dei marketer guarda con sospetto e comprende poco (fa parte del gruppone delle metriche ignave pure la reach a target).

Se vuoi migliorare le performance delle tue campagne e scalare il tuo business devi imparare a padroneggiarla e sfruttarla a tuo vantaggio.

Ricapitolando gli step per riuscirci:

  • Inizia a lavorare su queste metriche per un singolo canale
  • Metti in relazione le variazioni di frequenza con quelle di metriche come il ROAS
  • Trova un range indicativo in cui le prestazioni sono ottimali e cerca di mantenere la frequenza su quel livello (per farlo puoi lavorare sia a livello di budget che a livello di audience o di posizionamento delle inserzioni)
  • Una volta che ottieni risultati prova a introdurre anche la reach a target come variabile extra e ottimizza la frequenza di conseguenza
  • Infine prova a ragionare non più per singolo canale ma per media mix e aggrega i dati utilizzando modelli predittivi efficaci nello stabilire il contributo delle singole variabili al raggiungimento del risultato

Direi che per questa domenica è tutto.

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Alla prossima!

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